CARLO EMANUELE III DI SAVOIA  - RE DI SARDEGNA

(TORINO, 27 APRILE 1701 – TORINO, 20 FEBBRAIO 1773)

La Mandria di Chivasso

La nascita della regia tenuta pensata per i cavalli.

“Tenimento” dipendente, come organizzazione, dall’Azienda economica di Venaria Reale fu realizzato, nella seconda metà del Settecento, su ordine di re Carlo Emanuele III di Savoia per razionalizzare e implementare l’allevamento dei cavalli.  Infatti il Sovrano, per far fronte alle difficoltà di Casa Savoia legate all’allevamento, decise di costruire una struttura completamente nuova su basi “moderne”, traendo ispirazione sia dagli Haras francesi, sia da quelle tenute già operative nei più progrediti stati europei.

Più precisamente, come scrisse Aldo Actis Caporale (1997) - alla regia Mandria di Chivasso venne portato l’allevamento “delle cavalle e delle puledre (la cosiddetta razza), destinate alla riproduzione per coprire i fabbisogni della Corte e di parte dell’esercito”.

Il progetto rientrava nella politica di arricchimento del patrimonio regio così che La Mandria di Chivasso successivamente divenne un modello di allevamento, al punto che il conte Birago di Vische scrisse: “non v’ha il secondo in questa parte d’Europa”.

Le fasi costitutive e realizzative.

Dalla copiosa documentazione storica emerge la velocità con la quale fu costruita la Tenuta: nel decennio che va dal 1760 al 1770 la Mandria fu costituita oltre che dal punto di vista architettonico, anche da quello territoriale, amministrativo, sociale e religioso.

Infatti completato l’acquisto dei terreni (767 ettari nella zona tra Chivasso, Mazzè, Rondissone e Verolengo) si presentò un problema di giurisdizione unica; a tale scopo, con regia patente, nel febbraio 1764 venne nominato il notaio Giovanni Tommaso Bernardi amministratore della giustizia in questo tenimento alle dipendenze dirette dalla Corona.

Nemmeno un anno prima, nel settembre 1763, il Sovrano aveva assegnato al direttore dell’Azienda di Venaria, Carlo Onorato Sarterio, nonché al “misuratore generale” Giuseppe Giacinto Bays, non soltanto i compiti di strutturare il territorio e di organizzare l’amministrazione della produzione economica della tenuta regia, ma anche di costruire “una nuova fabbrica” al centro del possedimento.

La nascita della “nuova fabbrica”.

Tale struttura venne progettata dallo stesso Bays secondo criteri di estrema funzionalità.

Il Complesso fu infatti collocato in posizione baricentrica rispetto ai terreni circostanti attraversati da due viali alberati intersecantesi nella “Corte d’Onore”; quattro porte corrispondevano ai quattro accessi principali, posti al centro dei lati esterni dell’impianto, in corrispondenza dei viali.

La tenuta, di forma rettangolare, era costituita da tre ampi cortili. Quelli a Nord e Sud, di forma rettangolare, erano delle aie di servizio, cinte da bassi fabbricati a manica semplice e copertura a nudo tetto in coppi, adibiti a deposito di fieno e ricovero attrezzi. Il cortile centrale, vera e propria "Corte d'onore" con funzione di rappresentanza, presentava una forma quadrata ed era pavimentato con “sternito di pietra riccia”.

Al centro di questo spazio fu realizzato, su disegno del “regio machinista Mathej”, un grande abbeveratoio circolare per i cavalli (del diametro di 17,5 metri circa ed altezza di 1,54 metri), che nella seconda metà del secolo scorso, purtroppo, venne smantellato (l’attuale sistemazione della Piazza Carlo Emanuele III intende richiamare, nel disegno della pavimentazione, il sedime dell’originario abbeveratoio oggi distrutto).

Il progetto del Bays prevedeva una razionale collocazione di tutte le diverse tipologie di edifici, realizzati rigorosamente in mattoni a vista e con coperture lignee “alla piemontese” con manto in coppi. Vennero edificati sui fronti est ed ovest del grande cortile i padiglioni a più piani, destinati ad ospitare le dimore e gli uffici del personale dirigente; furono realizzati i fienili, chiusi con grandi grate in legno per essere sempre arieggiati; sorsero inoltre i depositi degli attrezzi agricoli e, naturalmente, le stalle degli equini collocate sotto ordinate e magnifiche sequenze di archi.

Al termine del cantiere Carlo Emanuele III, il 14 ottobre 1767, inoltrò al Vescovo di Ivrea la richiesta di istituire una nuova parrocchia dedicata a sant’Eligio - patrono dei maniscalchi oltre che degli orefici - facendosi carico del mantenimento del prevosto.

La chiesa parrocchiale, dove ancora oggi si celebrano le funzioni religiose, quasi in contrasto con il prospetto di estrema sobrietà, presenta un delizioso interno ad aula unica, opera del Bays, ornato nella volta di elegantissimi vasi e bracieri in stucco di gusto rocaille; nel presbiterio campeggia ancor oggi una pala settecentesca raffigurante la Madonna con sant’Eligio vescovo.

Il declino ottocentesco.

Dopo la costituzione della Mandria di Chivasso gli avvenimenti storici e le congiunture economiche mutarono più volte l’utilizzo e la stessa fisionomia del complesso. Infatti, in base ad un decreto del 1797, il “tenimento” divenne bene nazionale concesso in affitto ad una società di ex nobili, “adattatisi” alla Rivoluzione Francese, che impiantarono nella tenuta un vasto allevamento di pecore di razza pregiata.

Con la Restaurazione la Mandria di Chivasso, seguendo la sfortunata sorte di Venaria, decadde poco alla volta; entrambe persero il patronato regio e passarono alle dipendenze della Regia Intendenza di Finanza nel 1834.

Dopo circa un ventennio la tenuta chivassese fu messa all’asta e nel 1855 fu acquistata dal conte Apollinare Rocca Saporiti, che però era restio ad accollarsi il mantenimento del parroco.

Nella primavera del 1859, l’esercito sabaudo dispiegò le sue truppe nelle campagne dell’ex tenuta regia e nelle zone limitrofe, per fermare un’eventuale avanzata dell’esercito austriaco.

La grande guerra e l’esercito polacco.

Ancora in una circostanza l’ex tenuta sabauda poté comparire agli onori della storia. Infatti alla vigilia della prima guerra mondiale, il vasto territorio pianeggiante dell’antico “tenimento regio”, ospitò un campo d’aviazione e di riparazione di veicoli aerei.

Nell’autunno del 1918 gli hangar di questo aeroporto militare furono trasformati in baracche, usate per offrire un’ospitalità temporanea ai soldati di nazionalità polacca dell’esercito austro-ungarico. Infatti, a seguito degli accordi tra il Governo italiano e il Comitato Nazionale Polacco di Parigi, fu costituito alla Mandria di Chivasso un campo destinato ad accogliere i volontari dell’esercito polacco allora in via di formazione, arruolati tra i prigionieri dell’esercito austro-ungarico.

Complessivamente il campo ospitò circa 22.000 militari polacchi, che nel corso del 1919 furono inviati in Francia, da dove raggiunsero la Polonia che aveva da poco riacquistato l’indipendenza. Il piccolo cimitero della Mandria accolse i primi venti militari deceduti dopo l’arrivo in Piemonte e in loro memoria fu posta all’interno del cimitero una lapide commemorativa; in seguito, perdurando l’epidemia alcune centinaia di militari furono sepolti nei cimiteri di Chivasso, Ivrea e Torino, dove riposano tuttora.

Testimonianze fotografiche della permanenza dei soldati polacchi alla Mandria di Chivasso sono raccolte in un album presente nel Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino.

Dal dopoguerra ad oggi.

Infine nel dicembre 1919 la tenuta della Mandria fu lottizzata e acquistata da privati e, solo più recentemente, un quarto della intera tenuta è divenuta proprietà del Comune di Chivasso.

Ancor oggi, dopo oltre duecento anni, nel terzo weekend di maggio viene festeggiata, ad opera della Associazione Pro-Mandria, la festa di sant’Eligio, protettore dell’antico “tenimento”.

Dal 1993 si tiene inoltre una prestigiosa rassegna internazionale d’arte naïve, con opere di autori italiani ed internazionali.

Nel giugno 2016 si è svolta inoltre la seconda edizione della corsa podistica non competitiva “Stramandriamo”, organizzata dall’associazione “Pro Mandria”, che ha raccolto oltre 1300 partecipanti e diverrà un appuntamento fisso per i prossimi anni.

GIUSEPPE PIERO BAGETTI – VISTA A VOLO D’UCCELLO DEL COMPLESSO MONUMENTALE E DELLA “LAMA”

– FINE SECOLO XVIII

GIUSEPPE PIERO BAGETTI – VISTA DELLA CORTE CENTRALE CON LA FONTANA E L’ABBEVERATOIO

– FINE SECOLO XVIII

COMMIATO DEL CAPITANO DABROWA DAL CAMPO MILITARE POLACCO – 15 FEBBRAIO 1919 – (FONDO BEGEY, MUSEO NAZIONALE RISORGIMENTO - TORINO)

PERGAMENA OFFERTA AL COMUNE DI CHIVASSO IN SEGNO DI RICONOSCENZA DAL COMANDO E DAI SOLDATI POLACCHI  – 3 MAGGIO 1919

ABBEVERATOIO E PADIGLIONE DI LEVANTE  - METÀ ‘900

DISFACIMENTO DELL’ABBEVERATOIO - 2° METÀ ‘900

LA MANDRIA DURANTE LA SECONDA EDIZIONE DELLA STRAMANDRIAMO - 19 GIUGNO 2016

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